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« Ogni ora della mia vita vorrei fosse

nuova, pur riallacciandosi a quelle

trascorse.»

A. Gramsci

Stiamo vivendo ormai da molte settimane un tempo anomalo e inconsueto, un lockdown che dal mese di marzo ci ha costretti in casa e che sembra ora più che mai avvicinarsi al termine.

In questi giorni si parla di possibili riaperture (di aziende, scuole, uffici, negozi, bar… e chissà, forse anche palestre): ci si domanda quali siano le condizioni di tale riapertura e quali precauzioni utilizzare; ciò che invece risulta essere certo è il cambiamento a cui stiamo per andare incontro, un cambiamento di cui non sappiamo ancora molto, ma che sarà inevitabile. 

In queste settimane il tempo sembra essersi dilatato e ci ha posti dinnanzi a molte domande, ha fatto sì che mettessimo in discussione alcuni aspetti della nostra vita quotidiana. 

Stiamo vivendo una situazione di emergenza che fin da subito ci ha messi di fronte alla necessità di dover modificare le nostre abitudini e di progettare dei cambiamenti per il prossimo periodo. Questo inesorabile meccanismo ci fa notare ora più che mai il bisogno di interrogarci sulla natura delle relazioni e delle azioni che viviamo.

In molti ci siamo interpellati sulle nostre buone o cattive abitudini, sui nostri ritmi di lavoro, su quante relazioni abbiamo trascurato, a volte a causa di ritmi di vita piuttosto frenetici, la mancanza di tempo per noi (e per molti di noi la costanza nello svolgere attività fisica)e abbiamo preso consapevolezza dei nostri errori e dei nostri limiti.

Aver vissuto un periodo così critico, se da una parte può essere difficile da superare, dall’altra può essere stato «utile» per averci fatto riflettere su molti di questi aspetti. Tuttavia questo non può essere sufficiente. Prendere consapevolezza della nostra vita non basta per apportarne un cambiamento. La consapevolezza è una grande conquista, ma se non è supportata da un’azione altrettanto forte che la accompagni potrebbe risultare vana.

Per questo forse dovremmo augurarci di essere pronti, una volta possibile, a ricostruirci e a correggerci a partire dalle nostre consapevolezze. Tutto dipenderà da noi e da cosa saremo disposti a fare quando smetteremo di pensare alla vita e torneremo a viverla. 

Sebbene questa situazione di emergenza sia stata così dura e forte non può bastare a renderci tali, se vogliamo davvero trarre ciò che di buono può esserci da una situazione tragica, dobbiamo dimostrarlo a noi stessi una volta liberi di attuare i cambiamenti che ci eravamo programmati, su cui tanto in questo periodo ci siamo interrogati. Se davvero vogliamo ricavare dalle ceneri una rinascita, quello che sta per arrivare sarà il momento migliore, il nostro trampolino di lancio da cui possiamo ricavare un piccolo balzo o un enorme salto in avanti. 

Il significato che abbiamo dato alle cose in questo periodo non è dato dalle cose stesse: l’ago della bilancia siamo noi, le nostre azioni e la nostra tenacia. Confidando in una riapertura nei tempi più adeguati e brevi possibili, iniziamo a farci spazio e cerchiamo di coltivare le (nostre) buone abitudini.

In questo giorno così importante per la storia del nostro Paese, ci resta la speranza e l’augurio di liberarci di questo «male invisibile» e di poterci (r)incontrare al più presto!

A cura di

Chiara Stocco